Di Maria Pia Fontana
Ora il punto è, vicende politiche a parte, che da un autorevole giornalista che presenta un saggio a Montecitorio ci si aspetterebbe veramente un concentrato di acume e documentata saggezza storica, sociologica e politica. E invece il libro di Cazzullo non fa altro che riportare in modo scollegato e senza un apparente filo logico, che vada al di là delle simpatie dello stesso Autore, una serie di figure femminili che nella storia si sono distinte, e non sempre a fin di bene (vedi Madame de Montespan, la favorita del Re Sole, o il caso delle donne masochiste per amore) anche nel campo della scienza, letteratura, coraggio civico, afflato religioso e delle arti.
Cazzullo, inoltre, attinge anche alla dimensione dell’immaginario letterario, filmico e dei cartoni animati, per cui accanto a Hermione di Henry Potter, presa come emblema di una nuova generazione di ragazze intelligenti e determinate, abbiamo figure come Lady Oscar o le eroine dei romanzi di fantascienza. In mezzo a tutto questo variegato universo, dove figure reali e figure fantastiche, positive e negative, sante e streghe, si alternano senza logica apparente, Cazzullo ci racconta, attraverso le toccanti parole della madre di Valeria Solesin, i sogni e le speranze della “figlia di Italia”, morta a Parigi il 13 novembre 2015 nella strage del Bataclan e mette in coda al libro un capitolo dove riporta “solo” ventisei storie di donne selezionate dalle oltre 500 prodotte (su sua consegna) dai suoi lettori di Io Donna. In questo caso si tratta di storie di donne comuni, scritte da persone altrettanto comuni, che comunque ci mostrano identità femminili che presentano qualcosa di straordinario per le loro famiglie o semplicemente per le persone che ci raccontano la loro vita, rinnovandone il ricordo e sottraendole all’anonimato o all’oblio della dimenticanza.
Per certi versi queste donne, spesso madri, molte volte nonne, ma anche zie, compagne, conviventi, amanti e perfino badanti, contengono una freschezza e un portato emotivo superiore rispetto alle storie delle figure celebri ricostruite da Cazzullo.
Bene, dopo tutti questi esempi, talvolta toccanti, altre volte tiepidi, in cui il lettore potrebbe affogare, resta insoluta la domanda iniziale, ma perché e soprattutto come le donne o meglio noi donne dovremmo ereditare la terra? Le risposte a queste domande, che avrebbero un valore inestimabile, perché dovrebbe finalmente gettare luce sullo specifico di questo genio femminile, soffocato troppo lungamente dalle tare di una tradizione patriarcale, vengono liquidate semplicisticamente da Cazzullo in modo quasi tautologico: erediteranno la terra (e con essa il potere di gestirla) in quanto depositarie dell’arte di curare. E in questo senso che l’Autore ci ricorda il mito della Cura, la dea dell’aiuto e dell’inquietudine che dal fango plasmò l’uomo (chiamato così da humus) che, per volere di Saturno, le fu affidato fino a quando fosse stato in vita, mentre da morto la sua anima sarebbe stata consegnata a Giove e il corpo alla Terra. Seguono dichiarazioni perentorie tipo “le donne erediteranno la terra perché sono le più attrezzate a prevenire i grandi rischi e a cogliere le grandi opportunità che abbiamo di fronte” (pag. 48). Oppure (le donne erediteranno la terra) “perché sanno preservare e la terra deve essere preservata. Le donne non guardano soltanto all’oggi ma al domani, hanno a cuore il futuro, i figli, i nipoti e il mondo che li attende. Evitano lo spreco, sono più disponibili a battersi per l’ambiente e le energie pulite; perché hanno compreso che la terra non è immortale e tocca a noi prendercene cura”(pag.48). Infine, “le donne erediteranno la terra perché sono determinate e non arroganti (…) e perché hanno una grande capacità di concentrazione, anche su fronti diversi”(pag. 49). Ora, con tutta la simpatia che posso avere per Cazzullo e per la fascinazione che egli prova nei confronti delle donne, queste certezze adamantine una donna seria non le avrebbe avute.
Una donna seria avrebbe spaccato il capello per problematizzare le qualità femminili e metterle alla prova dei fatti, visto che la cura non è appannaggio esclusivo delle donne e anche quando la cura fosse un’expertise tipicamente femminile è proprio in nome di questa attitudine che le donne sono state storicamente escluse dai luoghi del potere maschile, in quanto addette alla riproduzione e all’accudimento della prole, ma anche degli anziani e dei componenti più vulnerabili della famiglia. La domanda che il libro non affronta neppure velatamente è: come coniugare queste virtù o competenze specifiche del femminile, come la cura, l’attenzione alle relazioni, all’emotività e ai sentimenti, con la gestione del potere pubblico e politico e non solo di quello “domestico e privato”? Solo in questo modo infatti si potrebbe tirare fuori la donna dalla gabbia del maternage e da un ruolo che l’ha condannata per troppo tempo ad essere vittima sacrificale del progresso e della realizzazione altrui. E inoltre come è possibile trovare nuove configurazioni di maschile e femminile che non annullino la specificità dei generi ma eliminino le disparità e gli abusi di un genere ai danni di un altro? Come si coniuga o si potrebbe coniugare la libertà femminile rispetto a quella maschile? Può dirsi veramente libera la donna adesso oppure alla schiavitù nei confronti del potere maschile è subentrata la sudditanza ai modelli di consumo e di bellezza estetica imposti dal mercato? Se sempre l’uomo è stato spaventato dal potere femminile che si esprimeva nell’area del corpo, della divinazione, delle cure mediche, tanto da guardare ora con venerazione ora con timore e orrore figure come le maghe e le streghe, come reagisce adesso al fantasma del diverso potere femminile che si fa strada nei vari settori della società (cultura, politica, economia, scienza)? Le conquiste ottenute dalle donne del passato e dagli storici movimenti femministi sono acclarate in via definitiva o rischiano talvolta di essere erose anche nel confronto con modelli di femminilità più tradizionali come quelli proposti dall’incontro con donne immigrate di altre culture e fedi religiose?
In definitiva, i sorpassi seri sono come i libri seri: si giocano sempre in concreto, in situazione, cioè sul campo, e con persone specifiche e non nell’astratto di una categoria. Inoltre, non eludono la fatica dell’impresa: per regalare successi autentici non si servono mai delle scorciatoie dell’approssimazione.
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La recensione contiene una critica serrata e severa di argomentazioni che a me sembra nascano sostanzialmente da una sorta di ” ribellione” ( che condivido ) alle troppe semplificazioni dell’ autore ,ai troppi richiami di tratti “femminili” ora inconsistenti ( quando non addirittura fumettistici) ora assolutamente inattuali,sia in ordine al “perchè” che tu ti chiedi sia in ordine al “come” La verve polemica ( e sia chiaro che dico polemica in senso elogiativo perchè essa quando non è fine a se stessa e contiene cosi tanti elementi di riflessione ) mi sembra oltrechè vivacissima ,particolarmente efficace mi pare poi la stigmatizzazione di un atteggiamento quasi paternalistico della definizione sociola peculiare dle ruolo femminile nella società associato alla ” cura “,quasi a strizzare l’occhio a certa compiacenza superficiale,senza affrontare le problematiche ( e le modalità di risoluzione di esse ) che si riscontrano al giorno d’oggi,sia nei termini di ” genere” sia nei termini di “ruolo” ,rispetto alla figura sociale della donna.
Sarebbe stato interessante anche, a mio parere, che l’autore ponesse maggiormente e meglio in risalto alcune figure femminili contemporanee che nel campo della finanza mondiale,della scienza,della politica e dei grandi luoghi dell’esitere sociale hanno raggiunto vertici apicali inimmaginabili e tentare di capirne le dinamiche complicatissime ,mettendole in parallelo con la manifestazione dei “nuovi assoggettamenti” della donna che si manifestano nella società odierna.